La trippa
Descrivendo la trippa da un punto di vista anatomico è meglio usare il termine plurale le “trippe” perché con questo nome si identificano le quattro parti che compongono l’apparato poligastrico dei ruminanti. Il sistema comprende tre prestomaci: il rumine che all’aspetto appare vellutato e da solo costituisce un buon 80% della struttura gastrica, il reticolo o cuffia con aspetto a nido d’ape, l’omaso o foiolo di forma lamellare tutti destinati alla funzione di ruminazione e l’abomaso più noto come lampredotto, ovvero la parte terminale di questa complessa struttura che rappresenta lo stomaco vero e proprio. L’abomaso è di colore scuro e d’aspetto crespato che richiama un largo nastro intrecciato ed è il sito anatomico dove l’ingesta rimasticata e fermentata in fase di ruminazione viene sottoposta all’azione dei succhi gastrici per completare la digestione e transitare poi nell’intestino tenue ove avvengono i processi d’assorbimento dei nutrienti. Le trippe esaminate sotto il profilo nutrizionale hanno nullo contenuto in glucidi, i grassi sono quantitativamente contenuti mentre grande è la componente proteica che si identifica nel collagene elastico causa della sua difficile cottura e digeribilità, unico neo è l’alta quantità di purina e di colesterolo che in alcuni casi ne sconsiglia un consumo eccessivo. Tirate le somme le trippe sono un alimento ipocalorico circa 100 Kcal per 100 g… ma questo valore tende ad aumentare di molto per la qualità e la quantità dei condimenti adoperati in molte ricette della tradizione. La trippa al singolare identifica invece a mio modo di vedere la ricetta o meglio una molteplicità di preparazioni che interessano l’intera nostra penisola tutte assai gustose e gradevoli, almeno per chi sa apprezzare questo alimento e non si fa fuorviare dall’idea che mangiare frattaglie sia un desinare di ripiego e da poveracci, se non addirittura rivoltante. Questa visione negativa che ha riguardato per anni tutte le componenti quinto quarto sta fortunatamente perdendo forza ed i proseliti della coda alla vaccinara, dei rigatoni con la pajata, della trippa in tutte le sue declinazioni ai fornelli o delle animelle aumentano, restituendo la giusta considerazione a questi piatti. E’ una rivalutazione che interessa le ricette più tradizionali, casalinghe o da trattoria e che ha dato contemporaneamente origine a rivisitazioni gourmet ormai ampiamente presenti nei menù di ristoranti dal target elevato, ove chef di livello sono stati capaci di nobilitare con fantasia e nuove tecniche di cottura questa tipologia di alimenti. Oramai per il cuoco di casa è abbastanza difficile reperire la trippa solamente lavata, scottata e purificata con aceto, dal colore scuro ma nettamente più saporita rispetto alla bianca che viene schiarita chimicamente con acqua ossigenata o soda caustica risultando alla fine meno gustosa ma di più veloce cottura. Del resto le botteghe di trippaio dove si poteva acquistare la trippa più “genuina” sono ormai quasi completamente scomparse e sia in gran parte delle macellerie sia sui banchi della grande distribuzione la trippa che si trova è quella precotta e tratta. Per esperienza personale vedo che si sta anche restringendo la scelta dei tagli disponibili infatti se rumine e foiolo si trovano facilmente già il reticolo è più difficile da reperire e qui in Sicilia il lampredotto è praticamente introvabile, probabilmente in regioni maggiormente vocate all’uso di questo ultimo taglio come la Toscana ci sarà una situazione più favorevole, ma io purtroppo mi devo accontentare. In questo breve excursus sulla trippa trovate quasi tutte ricette di trippa “accomodata” in umido rosso, variamente speziate e profumate ed un’unica trippa in bianco ad insalata, sono tutti piatti che richiedono lunghe cotture ma se amate questo alimento il tempo “perso” ai fornelli sarà sempre ben ripagato.
Zuppa di trippa stile gulasch ungherese
Trippa con i fagioli cannellini
Trippa di vitello piccante al pecorino romano
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